COSA E'
SOFT
ENTERPRISE
POWER

Soft power, traducibile in italiano con potere dolce o potere convincitivo, è un termine utilizzato nella teoria delle relazioni internazionali per descrivere l’abilità di un potere politico di persuadere, convincere, attrarre e cooptare, tramite risorse intangibili quali cultura, valori, condivisione.

Nel 1990, alla luce dei cambiamenti geopolitici e dell’indebolimento dei vincoli del modello bipolare sul comportamento, sul ruolo e sulle politiche estere delle diverse nazioni, viene pubblicato il libro del politologo statunitense Joseph Nye dal titolo “Bound to Lead: The Changing Nature of American Power”.

Come suggerisce il titolo dell’opera di Nye, anche gli Stati Uniti d’America, indiscussi protagonisti dello scorso secolo dello scacchiere geopolitico mondiale, si trovano a ridiscutere e dover rivedere quale sarà il loro ruolo nel mondo che verrà a delinearsi terminata la Guerra Fredda.

Nel suo libro, Nye parla per la prima volta in modo approfondito di cosa sia il soft power, della sua
importanza e delle diverse connotazioni che si stavano formando intorno al concetto di potere.

Nye partiva dall’idea che a dominare l’atlante geopolitico nel mondo globalizzato doveva essere non lo scontro di civiltà, ma un complesso meccanismo di interdipendenze (appunto, il potere dolce), attraverso cui gli Stati Uniti potessero migliorare la propria immagine internazionale e rafforzare il proprio potere, in contrapposizione all’esercizio dell’hard power (potere duro, o coercitivo), e della conseguente dispendiosa ricerca di nuovi e costosi sistemi d’arma.

La traduzione in cinese di “Bound to Lead” ad opera di He Xiaodong, a soli due anni dalla pubblicazione in lingua originale, nel 1992, testimonia come l’interesse da parte della comunità di studiosi cinesi di studi strategici verso il concetto di soft power sia stata tempestiva. Alla traduzione dell’opera segue un anno dopo il primo articolo scritto in cinese in merito al soft power, intitolato “Zuowei guojia shili de wenhua: ruan quanli” 作为国家实力的文化:软权力 (La cultura come potere nazionale: il soft power); l’articolo porta la firma di Wang Huning, teorico del Partito Comunista Cinese e membro della Segreteria del Comitato Centrale. L’articolo di Wang Huning è molto importante perché l’autore per la prima volta associa il concetto di soft power alla cultura cinese; la pubblicazione dell’articolo sulla rivista della Fudan University dà inizio a un elevato numero di ricerche, da parte di esperti, studiosi cinesi di importanti università, centri di ricerca di primo piano e branche rilevanti del governo, sul concetto di soft power e su come adattare al meglio la teoria ad un contesto cinese.

Torniamo a oggi e a noi: perché questo “club” dedicato al Soft Power di Consulting Service?

Paradigma assunto.

Il soft power indica la capacità che possiede una organizzazione di persuadere o attrarre facendo uso di tutti gli strumenti collegati alla sua storia, alla sua cultura, alle sue espressioni intellettuali e ai valori che queste emanano.

Significa “convincere” l’altra parte a raggiungere [condividere] il medesimo obiettivo, ed è indispensabile comprendere come gli altri “ascoltino” il messaggio che si vuole trasmettere e nell’evenienza apportare alcune modifiche se la “ricezione” non è conforme al senso del nostro messaggio.
Se siamo una organizzazione soft power, nel convincere gli altri, non ricorreremo mai a nessun mezzo coercitivo, né di pensiero né di azione.

La ragione principale per cui il paradigma del soft power applicato alle imprese si adatta pienamente ai tempi attuali, a ciò che stiamo vivendo e vivremo dall’anno 1 dopo covid (il 2019 dopo Cristo), si può ricercare analizzando il pensiero dello storico greco Tucidide, vissuto nel V secolo a.C.

La famosa trappola di Tucidide insegna che “la sfida di una potenza emergente a una potenza egemone pone una grave minaccia alla stabilità e alla pace”.

Usciamo dal paradigma SEP.

E quindi: cosa succede quando una potenza emergente minaccia una potenza egemone?

La risposta a questa domanda è stata fornita esaustivamente da Graham Allison, il quale analizza sedici casi in cui una potenza emergente si è trovata a fronteggiare una potenza egemone con il successivo passaggio di consegna. In dodici dei sedici casi analizzati dallo studioso il passaggio di consegna ha richiesto l’uso della guerra e spargimenti di sangue, mentre nei restanti quattro casi non si è fatto appello all’uso della violenza. I quattro casi “pacifici” sono gli ultimi dei sedici selezionati e tutti e quattro dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Questo trova una spiegazione se si pensa che tutte le grandi potenze mondiali a partire da quel momento abbiano iniziato a far leva sul deterrente atomico, quindi, l’uso di elementi soft divenne indispensabile per evitare di destabilizzare in maniera catastrofica l’equilibrio globale.

Rientriamo nel paradigma SEP.

Il potere è l’impresa, la potenza egemone è chi ha maggiori quote di mercato, l’uso della guerra è dumping, crollo dei prezzi, investimenti pubblicitari fuori misura. Lo spargimento di sangue sono i margini e i capitali che con la guerra si lasciano sul terreno.

In una brillante Ted conference, Nye definisce il potere come “nient’altro che la possibilità di influenzare gli altri per ottenere i risultati voluti”.

Si può esercitare potere, dice Nye, in tre modi: con il bastone, cioè minacciando e usando la forza, con la carota, cioè usando il denaro.

Poi c’è il terzo modo, quello sul quale vogliamo costruire SEP: persuadere gli altri a desiderare spontaneamente di fare quello che si vuole che loro facciano. E questo è potere morbido, il soft power: pura capacità seduttiva.

Se l’hard power della forza muove la gente a spintoni, il soft power la attira suscitandone il consenso, attraverso le narrazioni e la costruzione di un immaginario attraente.

In sostanza, il concetto di soft power ci fa capire che la seduzione è più potente della coercizione o del denaro (inteso come sconti, premi, pubblicità). E, di più, è anche più sottile e permanente.

Poiché il soft power è fatto di reputazione e di desiderabilità, una lo si può esercitare indipendentemente dalla propria dimensione.

Fra gli obiettivi primari raggiungibili attraverso il soft power è migliorare la percezione che il “resto” ha di noi, della nostra impresa o organizzazione.
La percezione è (anche) un fatto cognitivo, e non solo sensoriale. È influenzata da quanto ogni persona crede, pensa e sa, e dalle aspettative che ha.

La cassetta degli attrezzi per usare il soft power è fatta di utensili bellissimi: conoscenza, informazione, cultura, creatività, sensi, immaginazione per citare alcuni di quelli immateriali, e tutte le tecnologie o gli strumenti analogici che ci consentono di trasmettere e condividere i valori creati con gli attrezzi immateriali.

Ecco, con SEP (Soft Enterprise Power) Consulting Service vuole creare una agorà in cui i clienti e chiunque voglia far parte di questo “club” possano trovare strumenti, conoscersi, connettere e connettersi al fine di far crescere in ciascuno di noi la cultura del soft power.

Oliviero Olivetti